Parco Martiri del Franchi
Il giorno in cui Artemio Franchi morì definitivamente e i cittadini tornarono a vivere
L’altra mattina viaggiavo sul mio monopattino elettrico lungo Viale Manfredo Fanti. A un certo punto, superato l’edificio in vetro della Renzi Foundation da cui uscivano giovanissime titolari della Agnese Renzi Scholarship for Exceptional Young Women, mi ritrovo davanti alla targa in bronzo dedicata ai Martiri del Franchi. Ogni tanto tendiamo a dare per scontato il lascito che le generazioni precedenti ci hanno fatto e questo è uno degli esempi migliori.
Il 15 gennaio 2021 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo fece uscire una relazione destinata a rimanere nella storia. Un breve ragguaglio: Lo stadio Franchi di Firenze venne costruito un secolo fa. Serviva a ospitare il maggior numero di persone possibile per seguire delle manifestazioni sportive offrendo il meglio che la tecnologia, i materiali e l’architettura dell’epoca mettevano a disposizione. Come ogni strumento, date le mutate esigenze, venne più volte adeguato per servire allo scopo originario fino a che non divenne evidente che non c’era più nulla da riparare. C’era da sostituirlo. Fu quello il momento in cui un gruppo di persone, guidate ognuna da interessi diversi ma tutti oscuri allo stesso modo, decise di abbandonare il buonsenso e costringere il resto delle persone a vivere insieme a loro fuori dal tempo impedendone l’abbattimento e la rottamazione, fase fisiologica nella vita di uno strumento vecchio cent’anni.
Servivano degli elementi ben precisi per arrivare a una soluzione: un imprenditore determinato in piena fase “giveback”, la volontà della cittadinanza e dei rappresentanti politici da essa espressi di seguire una visione comune e una commissione di valutazione lungimirante e priva di ego che non si nascondesse dietro all’ipocrisia di chiamare “arte” qualunque cosa fosse vecchia. Inutile ricordare che uno di questi elementi venne a mancare. Un bel problema.
Sembrava che il Ministero avesse avuto la meglio nel costringere la popolazione a partecipare con loro all’illusione collettiva dove gli oggetti non erano al servizio delle persone, bensì il contrario. Tuttavia la cittadinanza e alcuni dei suoi rappresentanti più pragmatici decisero di agire lo stesso. Serviva un diversivo. Paradossalmente l’aiuto venne dal Covid. In quel periodo la Toscana cominciava a uscire dalle misure di contenimento più restrittive, tant’è che si trovava già in Zona Gialla anche durante il finesettimana. Serviva un’idea e un’idea fu quello che arrivò.
Il Presidente della Regione Eugenio Giani e il Sindaco di Firenze Dario Nardella decisero di reintrodurre delle misure straordinarie che riguardassero soltanto il quartiere 2 di Firenze. Una Zona Viola che avrebbe determinato che, per nessun motivo, i cittadini sarebbero potuti uscire di casa o avrebbero anche solo potuto attraversare l’area durante i giorni di sabato 21 e domenica 22 gennaio. Misure giustificate dall’aumento dei malati di Covid-19 secondo dei dati mai diffusi ai giornali e che successivamente si scoprirono artefatti. Il risultato fu che per 48 ore le strade del quartiere rimasero completamente deserte.
Alcuni tecnici del Comune, che ancora oggi rimangono ignoti, vennero incaricati di stimare la disposizione ottimale e la quantità di dinamite necessaria per provocare un’esplosione controllata. Il contributo finale fu dato da alcuni cittadini. Un gruppo anonimo formato da ex-membri del Collettivo Autonomo Viola e da imprenditori locali del tech e della finanza che andarono di persona a piazzare i candelotti dove era stato indicato.
Il risultato fu una maestosa esplosione che fece brillare lo Stadio Artemio Franchi nella notte buia. Al mattino successivo non era rimasto più nulla di quel rudere vecchio un secolo se non una distesa di macerie che lasciava spazio a infinite possibilità.
Nei giorni e nelle settimane successive vennero condotte delle indagini che non portarono a nessun sospetto e a nessun arresto. L’archiviazione avvenne poco dopo e mai nessuno si lamentò dell’assenza di colpevoli. Solo con gli anni alcuni dei coinvolti sono venuti fuori e questa targa rende loro omaggio.
Fu grazie al loro contributo se su quel terreno sono potuti sorgere un nuovo stadio, questa volta sì un gioiello capace di attrarre visitatori, un parco, nuove strutture commerciali e la sede della Matteo & Agnese Renzi Foundation.
Tutti gli abitanti della città, i tifosi, i cittadini dotati di buonsenso e che desiderano lasciare il mondo un posto migliore di come lo hanno trovato non possono che ringraziare i Martiri del Franchi.
Su quell’episodio si sono sprecati numerosi racconti, ai limiti della leggenda. tra questi ce n’è uno che preferisco più degli altri. Gira voce che se dici “scale elicoidali” per tre volte di fila, e poi rivolgi lo sguardo verso l’area su cui era costruito il Franchi, puoi vedere una carcassa di cemento e muffa che raccoglie tutti i soldi che sarebbero serviti per la sua manutenzione. Non resta altro che ringraziare di nuovo i Martiri del Franchi per quello scampato pericolo.